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Dimenticare Tiziano Girolamo Romanino A Pisogne
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Aveva lavorato a Trento, GirolamoRomanino, con l'intento di tornare nella sua Brescia. Ma il potere e ilprestigio del Moretto, allora imperanti, rimandarono l'appuntamento conla sua città. Arrivò dunque una commissione più piccola,in Valle Camonica, dagli agostiniani di Pisogne in Santa Maria dellaNeve. Siamo nel 1532, venti anni dopo la Cappella Sistina, di lì a pocoTiziano dipinge la Venere di Urbino, e Romanino, di un solo colpotellurico, smuove le zolle della sua terra, le trasforma in carne esangue della gente, spinge a calci con violenza volgo e cavalli sullascena, e fa perdere la testa alla macchina da presa che tenta diseguirlo, ma lui, Romanino, frenetico e preciso, non si fa prendere,continua a dare voce e forme al caos senza paura di guardarlo infaccia. E la scena di quella crocifissionesi gonfia via via che la macchina vi indugia sembra sia la macchina atener buono quello scalpitare del chiasso popolano (beninteso chepopolani sono anche i diavoli dalla lingua in fuori, gli angeligrassocci, i morti che vengono tratti fuori dall'Ade) quel chiasso, lamacchina da presa, lo accarezza e lo vela, per farlo vedere loillumina e lo rabbuia, per dare riposo all'occhio e fargli vedere perla prima voltauno per uno, quelle terga di cavalli e contadini affollatisi a guardarecome si scanna un maiale o si ammazza un Dio.
- Anno
- 2010
- Regista
- Elisabetta Sgarbi
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